Quasi vent’anni dopo la Corte Costituzionale viene di nuovo chiamata in causa per valutare se le norme che vietano la costituzione e l’adesione alle organizzazioni sindacali da parte del personale militare (Forze di Polizia e Forze Armate) sono contrarie al dettame Costituzionale, alla Convenzione Europea, alla Convenzione OIL ed alla carta sociale europea. Per l’esattezza, infatti, il 13 Dicembre 1999 la Corte Costituzionale dichiaro’ non fondata la questione di legittimita’ Costituzionale dell’art. 8 primo comma della Legge 382/78 (Norme di principio sulla disciplina militare) sollevata in riferimento agli articoli 3, 39 e 52 terzo comma della Costituzione, dal Consiglio di Stato – IV Sezione, con ordinanza del 2 Giugno 1998. Da allora, ovviamente, seppur sono rimasti inalterati sia l’approccio delle Amministrazioni alla tematica sia la mancanza di coraggio della classe politica ad innovare in un comparto e su una materia vitale per la democrazia, sono intervenuti molti elementi nuovi, soprattutto in ambito europeo, che oggi costituiscono, senz’altro, il valore aggiunto. Il Consiglio di Stato, infatti, (r.o. 111/2017) ha sollevato questione di legittimità costituzionale dell’articolo 1475, comma 2, del decreto legislativo 15 marzo 2010, n. 66 (Codice dell’ordinamento militare) che vieta ai militari la possibilità di costituire associazioni professionali a carattere sindacale nonché di aderire ad altre associazioni già esistenti. La disposizione censurata, ad avviso del giudice rimettente, contrasterebbe con l’articolo 117, primo comma, della Costituzione, in relazione agli articoli 11 e 14 della CEDU, come da ultimo interpretati dalle sentenze emesse in data 2 ottobre 2014 dalla Corte europea dei diritti dell’uomo nei casi “Matelly c. Francia” (ricorso n. 10609/10) e “Adefdromil c. Francia” (ricorso n. 32191/09). In base al principio di diritto già affermato dalle due pronunce della Corte EDU, ha ricordato il giudice rimettente, la restrizione dell’esercizio del diritto di associazione sindacale dei militari non può spingersi sino alla negazione della titolarità stessa di tale diritto, pena la violazione dei menzionati articoli 11 e 14 della Convenzione. Anche la Carta sociale europea riveduta, firmata a Strasburgo in data 3 maggio 1996 e resa esecutiva in Italia con legge 9 febbraio 1999, n. 30, sostiene il Consiglio di Stato, consentirebbe solo limitazioni della libertà sindacale per i militari e non una sua radicale obliterazione. Da ciò, la distinta questione di legittimità costituzionale della disposizione censurata per contrasto con l’articolo 117, primo comma, della Costituzione, in relazione all’articolo 5, terzo periodo, della Carta sociale europea riveduta. Il Tribunale amministrativo regionale per il Veneto (r.o. 198/2017) peraltro, aveva sollevato questione di legittimità costituzionale dell’articolo 1475, comma 2, del decreto legislativo citato, nei medesimi termini già esposti dal Consiglio di Stato. L’evoluzione giurisprudenziale avvenuta soprattutto in ambito europeo pertanto fa propendere sull’impossibile chiusura totale da parte della Corte Costituzionale. A questo punto le ipotesi potrebbere essere le seguenti: La prima, poco probabile, che potrebbe portare ad una dichiarazione totale di contrasto costituzionale e d’immediata decadenza dell’art 1475 del Codice dell’Ordinamento Militare. In questo caso si aprirebbe subito la strada alla costituzione di organizzazioni sindacali con pieni poteri. La seconda, molto piu’ probabile, che portera’ ad una dichiarazione di contrasto costituzionale, con rimando al parlamento, al fine di emanare una normativa che disciplini le libertà sindacali per il mondo militare, creando un bilanciamento con gli altri diritti costituzionali attribuiti ai cittadini. Oltre alla duscussione odierna, si rammenta che gia’ da qualche anno, oltre 400 finanzieri, la maggior parte dei quali delegati della Rappresentanza Militare ai vari livelli e dirigenti di Associazioni che da anni si battono per i diritti del personale del comparto, tra cui l’Associazione Sicurezza Cum Grano Salis, hanno presentato un analogo ricorso alla Corte Europea dei diritti dell’Uomo che dovra’ ancora essere discussa.
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