Consiglio di Stato. Le comunicazioni “di servizio” tra militari tramite messaggistica social soggiacciono alla disciplina militare.

Il Consiglio di Stato – Sezione I –, nell’adunanza del 25 settembre 2019, con parere n.02558/2019, pubblicato il 3 ottobre 2019, nell’ambito di un ricorso straordinario al Presidente della Repubblica relativo ad una sanzione disciplinare, ha formulato alcune osservazioni in merito alla valenza delle comunicazioni tra militari a mezzo di applicativi social. In particolare, il

Il Consiglio di Stato – Sezione I –, nell’adunanza del 25 settembre 2019, con parere n.02558/2019, pubblicato il 3 ottobre 2019, nell’ambito di un ricorso straordinario al Presidente della Repubblica relativo ad una sanzione disciplinare, ha formulato alcune osservazioni in merito alla valenza delle comunicazioni tra militari a mezzo di applicativi social.

In particolare, il Consiglio di Stato ha affermato che “la gerarchia militare richiede sempre e comunque il rispetto del grado, almeno tutte le volte in cui un militare, in servizio o fuori servizio, rivolgendosi al proprio superiore, intrattiene una conversazione (o uno scambio di messaggi telematici), il cui oggetto concerne questioni lavorative…”.

TESTO DEL PARERE

Numero 02558/2019 e data 03/10/2019 Spedizione

REPUBBLICA ITALIANA

Consiglio di Stato

Sezione Prima

Adunanza di Sezione del 25 settembre 2019

NUMERO AFFARE 01669/2018

OGGETTO:

Ministero dell’economia e delle finanze.

Ricorso straordinario al Presidente della Repubblica proposto da -OMISSIS-, contro Ministero dell’economia e delle finanze, Comando generale della Guardia di Finanza, avverso la determinazione del Comandante provinciale della Guardia di Finanza di -OMISSIS-n. 208600 del 14 novembre 2017, notificato il 22 novembre 2017.

LA SEZIONE

Vista la relazione n. 183046 del 19 giugno 2018 con la quale il Ministero dell’economia e delle finanze ha chiesto il parere del Consiglio di Stato sull’affare consultivo in oggetto;

Esaminati gli atti e udito il relatore, consigliere Michele Pizzi;

Premesso:

Con ricorso straordinario al Presidente della Repubblica l’Appuntato scelto -OMISSIS-, in servizio presso la Guardia di Finanza di stanza in -OMISSIS-, ha impugnato la determinazione del Comandante provinciale della Guardia di Finanza di -OMISSIS-n. 208600 del 14 novembre 2017 di rigetto del ricorso gerarchico proposto avverso la determinazione n. 153024/P del 14 agosto 2017, con la quale il Comandante della Compagnia di -OMISSIS-, a fronte delle relazioni di servizio del 31 luglio 2017 e del 4 agosto 2017, contestando la violazione degli articoli 715, 729 e 733 del d.p.r. n. 90/2010, a seguito di conversazioni intrattenute – mediante l’utilizzo dell’applicativo denominato Whatsapp – dall’odierno ricorrente con due superiori gerarchici nelle date del 12 maggio 2017 e del 13 luglio 2017, ha inflitto al medesimo la sanzione del rimprovero, con la seguente motivazione: “atteggiamento irrispettoso verso i superiori, in quanto si rivolgeva in due distinte occasioni ai superiori gerarchici con toni provocatori e non adeguati al vincolo gerarchico”.

Con un unico motivo il ricorrente deduce l’illegittimità della gravata determinazione, per non aver il Comandante provinciale tenuto in considerazione che, nella presente fattispecie, venivano in rilievo due conversazioni di natura privata – avvenute mediante l’utilizzo dell’applicativo denominato Whatsapp – intrattenute con due superiori gerarchici, legati al ricorrente anche da un rapporto di amicizia, con conseguente insussistenza del dovere di rispetto del vincolo gerarchico.

Con relazione istruttoria del 19 giugno 2018 indicata in epigrafe il Ministero dell’economia e delle finanze ha concluso per il rigetto del ricorso.

Considerato:

Il motivo è infondato.

Il Collegio intende innanzitutto dare continuità al consolidato principio secondo cui l’individuazione della sanzione applicabile al militare in ragione dell’illecito disciplinare commesso ed accertato costituisce, nell’ambito delle indicazioni fornite dal legislatore, espressione di potere discrezionale dell’amministrazione, censurabile da parte del giudice amministrativo in sede di giudizio di legittimità, solo per difetto di motivazione ovvero per eccesso di potere per illogicità o irragionevolezza; ciò comporta che il sindacato del giudice – onde non debordare in una non consentita invasione della sfera del cd. “merito”, riservata all’amministrazione – deve esplicarsi nella verifica della eventuale presenza di tali figure sintomatiche di eccesso di potere attraverso un esame dell’iter seguito dall’amministrazione, escludendosi ogni sostituzione e/o sovrapposizione di criteri valutativi diversi (da ultimo Cons. Stato, Sez. IV, 6 giugno 2019, n. 3824; Cons. Stato, sez. II, 12 giugno 2019, n. 3990).

Nel presente caso il ricorrente non contesta i fatti addebitati – ovvero le due conversazioni intrattenute con due superiori gerarchici nelle date del 12 maggio 2017 e del 13 luglio 2017 mediante l’utilizzo dell’applicativo per smartphone denominato Whatsapp -, lamentando unicamente l’illegittimità della sanzione disciplinare irrogata (rimprovero), per non aver l’amministrazione considerato la natura privata di tali conversazioni ed il rapporto di asserita amicizia tra gli interlocutori, con conseguente venir meno degli obblighi discendenti dal vincolo gerarchico, affermando che: “Il vincolo gerarchico non può essere richiesto da rispettare fuori servizio ed, inoltre, quando la conversazione amicale è reciproca […]” (pag. 2 del ricorso).

La censura non coglie nel segno.

Infatti, a prescindere dalle modalità utilizzate per la comunicazione e la conversazione tra un militare ed il superiore gerarchico, ed anche a prescindere dai rapporti personali esistenti tra gli interlocutori, la gerarchia militare richiede sempre e comunque il rispetto del grado, almeno tutte le volte in cui un militare, in servizio o fuori servizio, rivolgendosi al proprio superiore, intrattiene una conversazione (o uno scambio di messaggi telematici), il cui oggetto concerne questioni lavorative, come appunto è avvenuto nel caso di specie, riguardando entrambe le conversazioni de quibus l’assegnazione dei turni di servizio.

Tale conclusione discende dall’ampia formulazione dei doveri contemplati nelle norme nel d.P.R. 15 marzo 2010, n. 90 “Testo unico delle disposizioni regolamentari in materia di ordinamento militare, a norma dell’articolo 14 della legge 28 novembre 2005, n. 246”.

L’art. 715, comma 1, lett. b) del predetto d.P.R. n. 90/2010 chiaramente afferma che dal principio di gerarchia derivano per il militare, in linea generale, tutti “i doveri inerenti al rapporto di subordinazione nei confronti dei superiori di grado […]”; il successivo art. 729 del medesimo d.P.R. precisa che il militare, nell’eseguire gli ordini ricevuti “con prontezza, senso di responsabilità ed esattezza”, e nell’osservare “scrupolosamente” le specifiche consegne e le disposizioni di servizio, deve “astenersi da ogni osservazione”, con l’unica eccezione delle osservazioni “eventualmente necessarie per la corretta esecuzione di quanto ordinato”.

Infine il successivo art. 733, comma 2, del predetto d.P.R. n. 90/2010 chiaramente prescrive che: “nei rapporti, orali o scritti, di servizio tra militari di grado diverso deve essere usata la terza persona”, in tal modo potendosi integrare l’illecito disciplinare a prescindere dalle specifiche modalità con cui vengono intrattenuti i suddetti rapporti di servizio tra militari di grado diverso.

Nella presente fattispecie, alla luce dei fatti addebitati al ricorrente (il quale non contesta l’esistenza delle due conversazioni in questione), il Collegio ritiene che non sussista né difetto di motivazione, né alcuna figura sintomatica di eccesso di potere per manifesta illogicità o irragionevolezza, avendo la Guardia di Finanza, nell’esercizio della propria ampia discrezionalità in subiecta materia, irrogato congruamente la sanzione disciplinare del rimprovero a fronte della violazione delle norme sopra citate.

Di conseguenza il ricorso deve essere respinto.

P.Q.M.

La Sezione esprime il parere che il ricorso debba essere respinto.

Ritenuto che sussistano i presupposti di cui all’art. 52, comma 1, d.lgs. 30 giugno 2003 n. 196, a tutela dei diritti o della dignità della parte interessata, manda alla Segreteria di procedere all’oscuramento delle generalità nonché di qualsiasi altro dato idoneo ad identificare il ricorrente.

 
 
L’ESTENSORE IL PRESIDENTE
Michele Pizzi Mario Luigi Torsello
 
 
 
 

IL SEGRETARIO Giuseppe Testa

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