Corte dei Conti d’Appello. Pensioni personale militare. Nessun contrasto giurisprudenziale in appello. Sulla quota retributiva si applica l’aliquota del 44% e non del 35%.

Corte dei Conti d’Appello. Pensioni personale militare. Nessun contrasto giurisprudenziale in appello. Sulla quota retributiva si applica l’aliquota del 44% e non del 35%.

Altra conferma della Sezione III Giurisdizionale Centrale d’Appello della Corte dei Conti in merito al riconoscimento del diritto, da parte del personale militare a vedersi riconosciuto il trattamento pensionistico con l’applicazione delle aliquote di cui all’articolo 54, comma, del T.U. n. 1092 del 1973 (44%), previste per tale personale, in luogo di quelle di cui

Altra conferma della Sezione III Giurisdizionale Centrale d’Appello della Corte dei Conti in merito al riconoscimento del diritto, da parte del personale militare a vedersi riconosciuto il trattamento pensionistico con l’applicazione delle aliquote di cui all’articolo 54, comma, del T.U. n. 1092 del 1973 (44%), previste per tale personale, in luogo di quelle di cui all’articolo 44, comma 1, dello stesso D.P.R. n.1092/1973 previste per i dipendenti civili (35%).

L’Organo di giustizia contabile con sentenza n.228/2019 del 22 novembre 2019 (clicca qui) ha infatti in particolare ribadito che:

  • l’art. 54, comma 1, non costituisce una previsione di carattere eccezionale, che determinerebbe un regime di favore per coloro che cessano dal servizio con una anzianità tra i 15 e i 20 anni, non applicabile a coloro che cessino con una anzianità superiore; la norma, invece, fa parte della ordinaria disciplina per il computo delle pensioni del personale militare”;
  • l’aliquota del 44% è quella di base per il computo della pensione per tutti i militari cessati dal servizio (tranne che per coloro ai quali si applichi il successivo comma 9)” (militari cessati dal servizio prima della maturazione del periodo minimo per raggiunti limiti di età);
  • l’anzianità di servizio compresa tra i 15 e i 20 anni “esprime una condizione di fatto che consiste nella cessazione del servizio con una anzianità compresa tra i 15 (minimo per la pensione) e i 20 anni di servizio (al momento della cessazione del servizio medesima)”, a cui “consegue l’applicazione della aliquota fissa del 44%”;
  • l’art. 54 cit. individua l’aliquota minima del 44% come applicabile non solo a coloro che alla data di cessazione del servizio hanno maturato una anzianità tra i 15 e i 20 anni (comma 1), ma anche a coloro che, sempre alla data di cessazione del servizio, hanno maturato una anzianità maggiore (comma 2), i quali godono della medesima aliquota del 44% ma maggiorata dell’1,80% per ogni anno successivo al 20°”;
  • nella fattispecie (…) del cd. “regime misto”, la concreta operatività dell’art. 54, e l’applicazione delle aliquote ivi previste, trovano un limite temporale al 31.12.1995, successivamente al quale la pensione (…) deve essere calcolata con il criterio contributivo”;
  • l’art. 54, e l’aliquota del 44% applicabile in misura fissa per la valutazione delle anzianità di servizio sino a 20 anni, troverà pertanto applicazione solo ai fini del calcolo della quota A della pensione, e cioè solo per la valorizzazione delle anzianità maturate sino al 31.12.1995”;
  • se alla data del 31.12.1995 l’anzianità di servizio del militare, collocato a riposo con più di 20 anni di anzianità a fine servizio, era compresa tra i 15 e i 20 anni, per il calcolo della quota “retributiva” (le due sotto quote della quota A, ultima retribuzione sino al 31.12.1992, e media delle retribuzioni dal 31.12.1992 al 31.12.1995) della sua pensione si applica l’aliquota del 44%, “in quanto ai sensi dell’art. 54, comma 2,essa trova applicazione indifferenziata per la valorizzazione dei periodi di servizio che si estendono dal minimo prescritto (15 anni) a tutto il primo ventennio di servizio (art. 54, comma 2, del citato d.p.r.)”.

In conclusione, la III Sezione Centrale d’Appello ha evidenziato che i “contrasti giurisprudenziali sull’interpretazione dell’art. 54 cit. si riscontrano nell’ambito della giurisprudenza di primo grado, e non concernono quella di appello, fermamente orientata nel senso della presente decisione, ritiene il Collegio che non sussistono i presupposti per aderire alla richiesta di deferimento della questione alle Sezioni Riunite di questa Corte”.

Il collegio giudicante, quindi, ha accolto l’appello proposto dal militare ricorrente, condannando l’INPS a rifondere all’appellato le spese del giudizio.

Ricordiamo che la Segreteria Nazionale del Si.Na.Fi. già in data 23 ottobre 2019 aveva pubblicato un “Avviso” con il quale, nel rammentare la giurisprudenza consolidatasi in materia, aveva prospettato la possibilità, per gli iscritti in posizione di ausiliaria o in servizio, di inoltrare – con raccomandata a/r o mediante posta elettronica certificata – una diffida alla sede provinciale dell’I.N.P.S. territorialmente competente o alla direzione Provinciale INPS di Viterbo (“Polo unico” per il personale della Guardia di Finanza), anche al fine di interrompere la prescrizione.

Per visionare l’Avviso con le modalità di compilazione ed invio dell’atto di diffida clicca qui.

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