SINAFI: La strage di Via d’Amelio rimanga sempre un monito per coloro che combattono le mafie

Sono trascorsi ventotto lunghi anni dalla strage di via d’Amelio a Palermo, che portò la morte di Paolo Borsellino e degli agenti della scorta Emanuela Loi, Agostino Catalano, Vincenzo Li Muli, Walter Eddie Cosina e Claudio Traina. Un grave attacco al cuore dello Stato, preceduto alcuni mesi prima dalla strage di Capaci a Palermo, nella

Sono trascorsi ventotto lunghi anni dalla strage di via d’Amelio a Palermo, che portò la morte di Paolo Borsellino e degli agenti della scorta Emanuela Loi, Agostino Catalano, Vincenzo Li Muli, Walter Eddie Cosina e Claudio Traina.

Un grave attacco al cuore dello Stato, preceduto alcuni mesi prima dalla strage di Capaci a Palermo, nella quale fu trucidato il giudice Giovanni Falcone, la moglie e gli uomini della sua scorta.

Falcone e Borsellino, due uomini della stessa stoffa, così diversi ma profondamente uguali ed accomunati dall’amore per la Sicilia e da un unico obiettivo: voler dedicare tutta la loro vita a combattere la criminalità mafiosa, purtroppo in un contesto sociale e politico che troppo spesso ha lasciato spazi al dubbio, alla delegittimazione, alla connivenza, all’isolamento e, quindi, alla perdita di quelle protezioni politiche e sociali indispensabili quando si combattono battaglie contro poteri mafiosi ed economici.

Il giudice Paolo Borsellino aveva una grande fiducia nei giovani, era convinto che, attraverso la conoscenza, la consapevolezza, la cultura della legalità e il rifiuto dell’omertà e del compromesso, sarebbero diventati uomini liberi.

Un caposaldo delle sue battaglie ideologiche e sociali, che non può che costituire un faro illuminante per le nuove generazioni.

Oggi, la mafia, dopo anni di violenze inaudite ed a seguito dei colpi infertole da magistrati ed investigatori unici per la loro dedizione, ha subìto radicali trasformazioni; in pratica, ha capito che il sistema migliore per alimentare i propri traffici illeciti ed aumentare la propria egemonia sociale è quello di farlo senza troppo rumore mediatico e con poca violenza, ma reinvestendo gli ingenti proventi illeciti in attività economiche e finanziarie legali.

La mafia, infatti, investe sempre più i propri proventi criminali in attività legali, mediante varie forme di riciclaggio.

Oggi, quelli economici, sono diventati i nuovi canali di legittimazione mafiosa, in grado di ottenere persino il controllo sociale di alcune aree del Paese.

Su questo fronte diventa sempre più fondamentale il prezioso lavoro di contrasto all’economia criminale, svolto dalle Forze dell’Ordine e più segnatamente dalla Guardia di Finanza, mediante i propri reparti specializzati.

D’altronde, il sistema migliore per contrastare le economie mafiose è quello di privare sodalizi criminali della specie dei capitali accumulati.

Una strategia, peraltro, messa già in atto tanti anni fa dallo stesso Giudice Falcone.

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