L’inciso “ove possibile”, previsto dall’articolo 33, comma 5 della legge n. 104 del 1992, deve essere letto nel senso che il trasferimento possa essere negato solo se non sussista una posizione in organico nella sede richiesta o l’Amministrazione altrimenti dimostri, al contempo, che il trasferimento arrecherebbe un vulnus alle proprie esigenze organizzative superiore rispetto a quello arrecato alle esigenze di socializzazione del disabile e sia impossibile provvedere altrimenti per far fronte alle proprie necessità.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio – Sezione IV – con la sentenza n.12799/2023 del 27 luglio 2023 ha accolto il ricorso presentato da un appartenente alla Guardia di Finanza avverso il diniego opposto alla sua istanza di trasferimento di cui all’art. 33, comma 5, della l. n. 104/1992.
In particolare, il Tar Lazio ha evidenziato che:
- l’art. 33, comma 5, della legge n. 104 del 1992 disciplina uno strumento indiretto di tutela in favore delle persone portatrici di handicap, attraverso l’agevolazione del familiare lavoratore nella scelta della sede ove svolgere l’attività, affinché quest’ultima risulti il più possibile compatibile con le esigenze di costante assistenza di una persona disabile. Ciò in ossequio ai principi di solidarietà sociale e di tutela della salute, tutelati dalla Costituzione e dalla Convenzione delle Nazioni Unite del 13 dicembre 2006 dei disabili, ratificata con l. n. 18 del 2009 dall’Italia e dall’Unione Europea con decisione n. 2010/48/CE;
- la giurisprudenza, in più occasioni, ha avuto modo di precisare che l’assistenza del disabile e, in particolare, il soddisfacimento dell’esigenza di socializzazione, in tutte le sue modalità esplicative, costituiscono fondamentali fattori di sviluppo della personalità e strumenti di tutela della salute del portatore di handicap, intesa nella sua accezione più ampia di salute psico-fisica;
- il diritto alla salute psico-fisica, comprensivo della assistenza e della socializzazione, va dunque garantito al soggetto con handicap in situazione di gravità, sia come singolo che in quanto facente parte di una formazione sociale, ivi compresa la comunità familiare;
- come anticipato, l’inciso “ove possibile”, previsto dall’articolo 33, comma 5 della legge n. 104 del 1992, deve essere letto nel senso che il trasferimento possa essere negato solo se non sussista una posizione in organico nella sede richiesta o l’Amministrazione altrimenti dimostri, al contempo, che il trasferimento arrecherebbe un vulnus alle proprie esigenze organizzative superiore rispetto a quello arrecato alle esigenze di socializzazione del disabile e sia impossibile provvedere altrimenti per far fronte alle proprie necessità;
- il trasferimento è disposto a vantaggio del disabile e per negare il trasferimento, le esigenze di servizio non possono essere né genericamente richiamate, né fondarsi su generiche valutazioni in ordine alle scoperture di organico ovvero alle necessità di servizio da fronteggiare, ma devono risultare da una indicazione concreta di elementi ostativi, riferiti alla sede di servizio in atto, anche rispetto alla sede di servizio richiesta, e dalla considerazione del grado e/o della posizione di ruolo e specialità.
L’Organo giurisdizionale ha quindi accolto il ricorso, precisando inoltre che l’Amministrazione, nel rinnovato esercizio del potere, non può addurre per la prima volta motivi ostativi già emergenti dall’istruttoria del provvedimento annullato e dovrà tener conto dei principi desumibili della giurisprudenza amministrativa in merito ai limiti che incontra il riesercizio del potere discrezionale a seguito di una pronuncia di annullamento.
Dalla sentenza emessa dal TAR Lazio emergono ancora una volta, anche con maggiore chiarezza, quali dovrebbero essere le limitate ipotesi legittimanti un diniego al trasferimento ai sensi della legge n.104/1992, con la ulteriore precisazione sui limiti da osservare nell’emanazione di atti conseguenti all’annullamento dei provvedimenti di diniego.
Sono tutti questi elementi che dovrebbero indurre l’Amministrazione ad approfondite riflessioni sull’opportunità di rivedere le istruttorie in materia, focalizzando l’attenzione sul diritto alla tutela del disabile, ove comprovato, riorganizzando anche, ove necessario, l’intero sistema della mobilità del personale, tenendo conto di tali tipologie di trasferimento, cui sono sottesi diritti di rilievo costituzionale.
A chi fosse interessato, ricordiamo che, per i propri soci, il Sindacato Nazionale Finanzieri ha creato una rete di studi legali convenzionati su tutto il territorio nazionale (per l’elenco clicca qui) ed attivato un servizio di Tutela Sindacale e Legale affidato allo Studio Legale Militare Tedeschi (per la procedure di attivazione clicca qui).
La Segreteria Nazionale SINAFI
Per scaricare la sentenza del TAR Lazio clicca qui.