Il T.A.R. Lazio – Sezione Seconda Ter -, con sentenza n. 02989/2019 del 06 marzo 2019 ha accolto in parte il ricorso proposto da un appartenente alla Guardia di Finanza con il quale il militare il risarcimento dei danni morali, esistenziali, biologici ed economici subiti per effetto della irrogazione della sanzione della perdita del grado per rimozione, successivamente annullata dallo stesso organo giurisdizionale.
L’organo di giustizia amministrativa ha riconosciuto, nel caso in esame, il diritto al risarcimento per la sola lesione del diritto al lavoro, evidenziando in particolare che:
• “la domanda risarcitoria è, …, meritevole di accoglimento con riferimento all’invocata lesione del diritto al lavoro (…) e alle conseguenze relazionali, nell’ambiente di lavoro e non, derivanti dalla sanzione della massima gravità illegittimamente applicata nei confronti del -OMISSIS-“;
• “il danno non patrimoniale, quale è quello in esame, è risarcibile ai sensi dell’art. 2059 c.c., nell’interpretazione costituzionalmente orientata fornita dai giudici di legittimità, in riferimento alla lesione “di diritti inviolabili della persona riconosciuti dalla Costituzione” (…) e alle conseguenze non patrimoniali che ne sono derivate”;
• “nella fattispecie, l’irrogazione della sanzione di massima gravità, consistente nell’espulsione dal Corpo, ha indiscutibilmente leso in maniera significativa (…) il diritto al lavoro la cui tutela è assicurata non solo dagli artt. 1 comma 2 e 4 ma anche dall’art. 2 della Costituzione”;
• “il lavoro costituisce senza dubbio uno strumento di esplicazione della personalità dell’individuo a cui è correlato il diritto dello stesso a che tale realizzazione avvenga con modalità non pregiudizievoli in una “formazione sociale” (…) quale è l’ambiente di lavoro; in questo senso, va ricordato che la giurisprudenza riconduce il “diritto all’immagine professionale del lavoratore” ai diritti fondamentali rientranti nell’ambito applicativo dell’art. 2 Cost. ammettendone, pertanto, la risarcibilità (…)”;
• “accertata la grave lesione di un interesse meritevole di tutela, il Tribunale ritiene che nella fattispecie sussistano gli ulteriori presupposti previsti dall’art. 2043 c.c. per il ristoro patrimoniale richiesto”;
• “con particolare riferimento al coefficiente psicologico, la cui esistenza è contestata dalla difesa erariale, va rilevato che nelle ipotesi di atto amministrativo illegittimo, ai fini dell’accertamento del dolo o della colpa richiesti dall’art. 2043 c.c., è necessario verificare se l’adozione e l’esecuzione dell’atto sia avvenuta in violazione delle regole di imparzialità, correttezza e buona fede, alle quali l’esercizio della funzione pubblica deve costantemente attenersi; da ciò deriva che, in sede di accertamento della responsabilità della pubblica amministrazione per danno a privati, il giudice amministrativo può affermare tale responsabilità quando la violazione risulti grave e commessa in un contesto di circostanze di fatto e in un quadro di riferimenti normativi e giuridici tali da palesare la negligenza e l’imperizia dell’organo nell’emanazione del provvedimento viziato mentre può negarla quando l’indagine conduca al riconoscimento dell’errore scusabile (…)”;
• “nella fattispecie il Tribunale ritiene che sia ravvisabile la colpa dell’amministrazione che, in palese violazione dell’art. 653 c.p.p., ha posto a fondamento del procedimento disciplinare proprio quei fatti la cui sussistenza è stata incontrovertibilmente esclusa dalla sentenza del Tribunale penale..”.
L’Organo giurisdizionale ha quindi:
• proceduto alla “valutazione equitativa del danno che viene quantificato all’attualità in euro seimila/00 oltre interessi legali”;
• condannato, in solido, “il Ministero dell’economia e delle finanze e la Guardia di finanza a pagare, in favore del ricorrente, la somma di euro seimila/00, oltre interessi legali”;
• compensato le spese processuali nella misura di metà delle stesse.