A distanza di quasi un anno dalla sentenza della Corte Costituzionale nr.120/2018, con la quale è caduta la “proibizione” del riconoscimento della libertà di associazione sindacale dei militari, in virtù dell’art. 1475, comma 2, del D.lgs. n. 66/2010, che vietava loro di creare associazioni dirette alla tutela collettiva dei propri interessi professionali, ad oggi si osserva il riflesso positivo segnatamente all’imminente costituzione di neo associazioni sindacali militari, che stanno ricevendo il previsto assenso preventivo da parte dei Dicasteri competenti.
Si è aperta una nuova stagione rappresentativa di confronto dialettico, nella quale il corpus sociale dei militari, le Istituzioni coinvolte, la parte politica di Governo e quella parlamentare, hanno avviato un proficuo dibattito in ragione dell’opportunità straordinaria che oggi si presenta per il nostro Paese, nel riconoscere in sede legislativa i diritti di rappresentanza sindacale a tutte le donne e gli uomini lavoratori in organizzazioni militari e finanzieri.
Potrebbe sembrare, prima facie, un ordinario intervento normativo calendarizzato nell’agenda del legislatore, ma per i circa 350mila militari operativi in Italia e per le rispettive Amministrazioni di cui fanno parte, questa è una fase in cui tutti gli interessati, a vario titolo, sanno che l’approvazione di una legge per i “Sindacati Militari”, sarà l’abbrivio per una nuova era nella nostra società, con un diverso concetto di incentivo al lavoro, basato sulla tutela del militare, stricto sensu, con il conseguente aumento delle perfomances lavorative, il miglioramento dei rapporti interni al luogo di lavoro e, non ultima, una fattiva collaborazione propositiva sulle tematiche di relazione con il cittadino.
Quest’importante processo di democratizzazione dell’ordinamento militare non è sicuramente terminato con la sentenza della Consulta. Sarà quindi necessario aprire delle sessioni di confronto innanzi alle Commissioni Difesa delle due Camere competenti “ratione materiae”, in ossequio al fondamentale principio di libertà di organizzazione sindacale (art. 39, comma 1, Cost.), nella speranza che sia allargato il raggio d’azione dell’ombrello del diritto, per consentirne il pieno godimento.
In questo nuovo scenario sindacale alle porte, non bisogna dimenticare il ruolo del personale della Polizia di Stato e le conquiste democratiche ottenute, essendo parte integrante del comparto difesa e sicurezza, nonché interlocutore importante in sede di contrattazione e di riordino dei ruoli nel rispetto del principio dell’equi-ordinazione. Infatti, per oltre un decennio venne sostenuto, oltre che dal sindacalismo confederale, da numerose correnti politiche, che fosse necessaria un’adeguata forma di rappresentatività, individuando nella sindacalizzazione di questo personale un tassello del più ampio percorso di creazione di una Polizia più moderna, più efficiente e più qualificata sotto il profilo della professionalità.
Prevalse in quegli anni la corrente di pensiero che fosse necessaria un’organizzazione sindacale autonoma ed indipendente. Ma l’idea di un sindacato autonomo e chiuso è risultata in contraddizione alle ragioni che portarono alla nascita delle prime aggregazioni di personale, che vissero un intenso dialogo con le Confederazioni sindacali, le cui finalità erano quelle di una democratizzazione dell’apparato ed il recupero dell’efficienza, attraverso una maggiore integrazione con la comunità circostante, ed un rapporto di migliore fiducia e collaborazione con i cittadini.
Si sosteneva difatti, che l’ordine democratico sia più facilmente tutelabile nella misura in cui esso venga riconosciuto come tale dai suoi tutori, in quanto solo attraverso l’uso di strutture democratiche, in primis l’organizzazione sindacale, che si può favorire una solida coscienza politica democratica. A lungo il sindacato della Polizia di Stato si è fatto carico di tutelare e rivendicare posizioni giuridiche ed economiche di personale non appartenente al Corpo di Polizia. Sarebbe quindi necessario aprire dei tavoli di confronto “allargati” anche alle organizzazioni sindacali di polizia e, di concerto, affrontare importanti nodi irrisolti sulla libertà sindacale “separata”, per eliminare quelle disparità di trattamento tra categorie di personale alle quali si richiede il medesimo livello di impegno nella lotta contro la criminalità e nella difesa dei cittadini.
In attesa dell’avvio dell’iter parlamentare per la definitiva approvazione legislativa, il SI.NA.FI. – Sindacato Nazionale Finanzieri, ha creato un “laboratorio dei diritti sindacali”, con cui si è voluto contribuire all’approfondimento e alla promozione di emendamenti normativi, anche attraverso dei convegni di studio organizzati, da tempo dall’Associazione Culturale Sicurezza Cum Grano Salis, in diverse regioni d’Italia e che hanno visto la partecipazione di illustri relatori giureconsulti, esperti nel diritto del lavoro, costituzionale e sindacale. Lo scopo precipuo è quello di rendere pubblica informazione sulla tematica sindacale di settore, sia per gli aspetti giuridici che per quelli socioculturali, nell’intento di contestualizzare il dibattito che si è aperto per la scrittura di una legge parlamentare di riconoscimento delle associazioni sindacali militari.
Tenuto conto delle premesse sopra evidenziate e del quadro politico che si sta delineando nell’approccio alla materia oggetto di un prossimo provvedimento legislativo, il SI.NA.FI. ha inteso promuovere un Comitato Scientifico con il fine di studiare, analizzare ed approfondire gli aspetti tecnico-giuridici che costituiranno l’architettura su cui andrà a reggersi un assetto normativo adeguato e moderno, che esca dal sottoscala del diritto ove era confinato e tenga invece conto del complesso mondo delle lavoratrici e dei lavoratori militari, titolari di dignità e diritti al pari di ogni cittadino di questo Paese.
Il Comitato è composto dalle seguenti personalità di rilievo del mondo accademico e giuridico, con le quali si è avuto il pregio di avvalersene nel corso di seminari e convegni organizzati su tutto il territorio nazionale:
- Prof. Pietro Lambertucci – Ordinario di Diritto del Lavoro presso l’Università dell’Aquila;
- Prof.ssa Patrizia Tullini – Ordinario di Diritto del Lavoro presso l’Università Alma Mater di Bologna;
- Avv. Prof. Lidia Sgotto Ciabattini – Avvocato Giuslavorista;
- Prof.ssa Giuseppina Pensabene Lionti – Avvocato e docente di Diritto del Lavoro presso l’Università Ca’ Foscari Venezia;
- Prof.ssa Lina del Vecchio – Docente di Diritto Sindacale e Rapporti di Lavoro nelle Pubbliche Amministrazioni presso l’Università dell’Aquila;
- Avv. Luca Di Majo – Dottore di Ricerca Diritto Costituzionale dell’Università di Bologna.
Tenuto conto della connotazione interdisciplinare del Comitato e del prezioso supporto tecnico-consultivo che ne potrà derivare, i rappresentanti politici dell’arco parlamentare se ne potranno avvalere, sotto accreditamento, quale ulteriore contributo intellettuale necessario al processo di definizione delle linee guida per la stesura della migliore legge che si possa desiderare per il bene di ogni militare, della società civile e del Paese.