Consiglio di Stato. Tutela maternità e paternità. Art.42 bis del D.Lgs. 151/2011. Ecco i casi eccezionali che legittimerebbero il diniego.

Il Consiglio di Stato – Sezione VI – con la sentenza n. 961/2020 del 7 febbraio 2020 ha accolto il ricorso in appello presentato da un appartenente alla Guardia di Finanza avverso una sentenza del T.A.R. Sardegna, concernente l’impugnazione del diniego dell’assegnazione temporanea ai sensi dell’art. 42-bis del D.lgs. n. 151. Con la menzionata sentenza

Il Consiglio di Stato – Sezione VI – con la sentenza n. 961/2020 del 7 febbraio 2020 ha accolto il ricorso in appello presentato da un appartenente alla Guardia di Finanza avverso una sentenza del T.A.R. Sardegna, concernente l’impugnazione del diniego dell’assegnazione temporanea ai sensi dell’art. 42-bis del D.lgs. n. 151.

Con la menzionata sentenza n.961/2020 l’Organo giurisdizionale di secondo grado ha in particolare inteso esemplificare, senza pretesa di completezza,  alcuni casi in cui possa ravvisarsi quella eccezionalità che consente all’Amministrazione, gravata dal relativo onere probatorio, di negare legittimamente il beneficio (fermo restando, ovviamente, che l’insussistenza dell’altro requisito, ossia il “…posto vacante e disponibile di corrispondente posizione retributiva”, preclude in radice la fruizione del beneficio).

Il Consiglio di Stato ha indicato che l’eccezionalità legittimante il diniego si integrerebbe:

  • quando la sede di assegnazione sia chiamata a fronteggiare una significativa e patologica scopertura di organico, che, in mancanza di un dato normativo di supporto, il Collegio individua, equitativamente, nella percentuale pari o superiore al 40% della dotazione organica dell’ufficio di assegnazione, che potrà essere presa in considerazione, ai fini del diniego, sia riferendola a tutte le unità di personale assegnate a quella sede sia riferendola al solo personale appartenente al medesimo ruolo del soggetto istante; tale criterio corrisponde, ad avviso del Collegio, a quei “casi ed esigenze eccezionali”, perché impedisce la fruizione del beneficio laddove si palesi la necessità di evitare che la sede di appartenenza venga sguarnita oltremodo, al di là di quella che può essere una contingente e fronteggiabile carenza di personale, oppure si prospetti la necessità di evitare che la qualifica di appartenenza non sia oltremodo depauperata di unità, il che, pur a fronte della presenza in servizio di altro personale con diversa qualifica, non consentirebbe un equilibrato funzionamento dell’unità operativa di appartenenza”;
  • quando, pur non essendovi una scopertura come quella descritta in seno alla sede di appartenenza dell’istante, nondimeno, nell’ambito territoriale del comando direttamente superiore a quello di appartenenza (ad es., l’ambito provinciale, ove la singola sede faccia gerarchicamente riferimento ad un comando provinciale) si ravvisino, all’interno della maggioranza delle altre sedi di servizio, scoperture di organico valutate secondo i parametri indicati alla precedente lettera a); invero, la descritta situazione di sottorganico generalizzato, ancorché non direttamente riferibile alla sede di servizio dell’istante, renderebbe, nondimeno, eccessivamente difficoltosa all’amministrazione la riorganizzazione funzionale dell’attività istituzionale, ove fosse necessario attingere alla sede di assegnazione del lavoratore per colmare i vuoti di organico che persistono nelle sedi limitrofe della stessa area di riferimento”;
  • quando la sede di assegnazione, pur non presentando una scopertura significativa e patologica, qual è quella innanzi indicata, presenta comunque un vuoto di organico, ed è ubicata in un contesto connotato da peculiari esigenze operative: si pensi all’ipotesi in cui l’unità impiegata nella sede di appartenenza si trovi a fronteggiare emergenze di tipo terroristico (come nel caso scrutinato da Cons. Stato, Sez. IV, 28 luglio 2017 n. 3198), oppure pervasivi fenomeni di criminalità organizzata di stampo mafioso, o sia di supporto a reparti impiegati in missioni all’estero, sempre che non vi siano nello stesso comprensorio del comando gerarchicamente superiore altre sedi dalle quali sia possibile attingere, temporaneamente, un agente in sostituzione”;
  • quando, effettivamente, l’istante svolge un ruolo di primaria importanza nell’ambito della sede di appartenenza e non sia sostituibile con altro personale presente in essa o in altra sede da cui sia possibile il trasferimento; in questo caso, la ragione ostativa andrà ravvisata non nel possesso in sé di una particolare qualifica da parte dell’interessato, ma nel fatto che quella qualifica sia necessaria nell’ambito di specifiche operazioni in essere o nell’ambito di operazioni che è ragionevole prevedere dovranno essere espletate (a cagione del contesto ambientale che implica lo svolgimento di quel servizio o l’impiego di militari o agenti dotati di quella qualifica; di un criterio storico-statistico, quando quel genere di attività è stata già espletata in passato nell’ambito di quella sede di servizio e l’amministrazione attesti possa verificarsi in futuro, perché non collegata con un’esigenza del tutto irripetibile)”;
  • quando il ricorrente, pur non in possesso di una peculiare qualifica, è comunque impiegato in un programma o in una missione speciale ad altissima valenza operativa, dalla quale l’amministrazione ritenga non possa essere proficuamente distolto, che deve essere compiutamente indicata nel provvedimento (salvi, ovviamente, i profili di riservatezza che dovessero emergere per la tutela della suddetta operazione)”.

Il massimo organo giurisdizionale ha quindi accolto l’appello proposto dal ricorrente, compensando tra le parti le spese di lite, intimando all’Amministrazione di “rivalutare, ex tunc, l’istanza dell’interessato alla luce dei principi suesposti, per verificare se effettivamente ricorrano “casi o esigenze eccezionali” che legittimino il rigetto dell’istanza”.

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