Il Consiglio di Stato – Sezione IV – con la sentenza n. 4029/2020 del 24 giugno 2020 ha respinto il ricorso in appello presentato dal Ministero della Difesa – avverso la sentenza del T.A.R. Friuli Venezia Giulia – Sezione I – n.383/2019, concernente l’accertamento della spettanza dell’indennità di trasferimento in un caso si soppressione di reparto e di avvicendamento su dichiarazione di gradimento.
Il Consiglio di Stato ha infatti confermato il proprio orientamento in merito già più volte espresso, rappresentando, in particolare, che:
- “Per movimento d’autorità deve intendersi quello disposto per perseguire, in via prioritaria, interessi dell’Amministrazione, non per soddisfare esigenze personali e familiari dell’interessato”;
- “la natura autoritativa del movimento (e la conseguente spettanza dell’indennità) non viene meno allorché l’Amministrazione, in vista di una programmata rimodulazione riduttiva della propria organizzazione territoriale, abbia invitato il militare ad esprimere il proprio gradimento per un’altra sede”;
- “In tal caso, infatti, “assume un valore decisivo la circostanza che il mutamento di sede origina da una scelta esclusiva dell’amministrazione militare che, per la miglior cura dell’interesse pubblico, decide di sopprimere un reparto (o una sua articolazione) obbligando inderogabilmente i militari di stanza a trasferirsi presso la nuova sede, ubicata in un altro luogo, onde prestare il proprio servizio””;
- “Ove, tuttavia, la soppressione (o ridislocazione) del reparto di provenienza sia stata disposta in data successiva al 1 gennaio 2013, …, l’indennità non compete, ai sensi dell’art. 1, comma 1-bis, l. n. 86 del 2001, allorché il personale sia stato trasferito presso una sede ubicata in un Comune limitrofo, anche se distante oltre dieci chilometri da quello di provenienza”;
- “In tali specifici casi, in sostanza, l’indennità compete solo in caso di trasferimento d’autorità presso enti ubicati in Comuni non confinanti con quello ove è allocata la sede originaria e, comunque, distanti fra loro (prendendo a riferimento le rispettive case comunali) oltre dieci chilometri”;
- “Non vale osservare, in senso contrario, che nel modulo il trasferimento era definito “a domanda”: in disparte il fatto che la qualificazione giuridica effettuata dall’Amministrazione non vincola il Giudice, il discrimine fra le ipotesi di trasferimento d’autorità e quelle di trasferimento a domanda riposa sulle ragioni sottese al movimento”;
- “il trasferimento conseguente, nell’an, a scelte amministrative assunte a monte – per quanto qui di interesse, quello indotto dalla prevista soppressione del reparto di appartenenza del militare – palesa intrinseci, originari e costitutivi connotati autoritativi, in quanto finalisticamente volto, in via diretta e prioritaria, a perseguire gli interessi dell’Amministrazione, non quelli del singolo militare”;
- “l’invito nella specie rivolto dall’Amministrazione agli odierni appellati ad indicare una sede gradita, lungi dal costituire la ragione del movimento, è stato, viceversa, il mero effetto dell’intendimento amministrativo di sopprimere l’Ente di assegnazione: la causa del trasferimento, pertanto, ha origine e natura pubblicistica ed autoritativa”.
Il massimo organo giurisdizionale ha quindi rigettato l’appello proposto dall’Amministrazione, compensando tra le parti le spese di lite.