Preliminarmente, nel cogliere che le disposizioni emanate dal Comando Generale in materia di rotazione degli incarichi di Comando del personale ISAF troverebbero ragione nell’intento di “prevenire possibili condizionamenti ambientali”, introducendo dinamiche di rotazione negli incarichi connotati da un certo livello di responsabilità, non sfugge come da tali dinamiche possano derivare, oggettivamente, effetti negativi sulla motivazione al lavoro di chi, per periodi medio lunghi, ha profuso il massimo impegno nella propria attività, acquisendo elevate professionalità e competenze, a beneficio dell’efficienza del reparto e dell’efficacia, in generale, dell’azione amministrativa.
Difatti, l’impiego di lunga durata in tali incarichi, senza avvicendamenti, non può che essere un oggettivo riconoscimento proprio di quelle competenze e professionalità, peraltro spesso “certificate” nei giudizi analitici dei documenti caratteristici redatti e nelle ricompense di carattere morale concesse.
Di contro, fissare un termine temporale massimo di dieci anni al termine del quale procedere ad avvicendamenti, senza margini concreti di discrezionalità, può apparire come un irragionevole automatismo che, contrariamente agli intenti stessi delle disposizioni emanate, non riconosce né il merito genericamente inteso, né il “merito di lungo comando”, coincidendo, peraltro, proprio con il periodo minimo per la concessione della relativa onorificenza.