Il caso in esame riguarda uno dei tanti dinieghi che le Amministrazioni militari e di polizia quotidianamente emanano nei confronti del personale con figli minori di tre anni, che chiede di essere assegnato nella provincia o regione ove presta l’attività lavorativa il proprio coniuge.
Il SINAFI, nel solco delle battaglie intraprese da alcuni suoi soci fondatori nelle aule parlamentari e politiche, ormai da decenni, ha continuato la battaglia nelle aule giudiziarie per poter garantire ai finanzieri di poter fruire di questa norma di civiltà, approvata dal legislatore per salvaguardare il diritto alla genitorialità e, quindi, contrastare le ripetute e pressanti azioni delle Amministrazioni del comparto che ciclicamente tentano di attenuarne l’applicazione.
Grazie ad uno degli studi legali convenzionati con il SINAFI, Avv. Enrico Tedeschi, il Consiglio di Stato – Sezione 4, ha recentemente annullato il diniego al trasferimento di un collega iscritto al SINAFI, papà di una bambina al di sotto dei tre anni, emanato dall’Amministrazione, nonché la collegata sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale che lo aveva confermato, che mirava ad essere assegnato nella provincia ove presta attività lavorativa il coniuge. Le ragioni del diniego, adire dell’Amministrazione, trovavano le sue ragioni nella particolare mansione ricoperta e nella carenza di organico del Reparto. Il CDS ha peraltro condannato alle spese di giudizio l’Amministrazione, da liquidarsi a favore del nostro iscritto.
L’istituto, in esame, previsto dall’art. 42 bis del D.lgs 151/2009, si applica a tutti i dipendenti delle Pubbliche Amministrazioni ma per il comparto difesa e sicurezza é stato per alcuni versi mitigato ed applicato solo come mobilità interna tra un comando e l’altro e non anche come mobilità tra le diverse pubbliche Amministrazioni.
Così come anche ribadito dai giudici del CDS, tuttavia, per il personale ricadente nell’ambito di applicazione del codice dell’ordinamento militare e per quello appartenente alla Guardia di finanza sulla base dell’estensione sancita dall’art. 2136, comma, 1, lett. ff), del medesimo codice, rilevano vari criteri, sulla base dei quali va valutato se accordare o negare il beneficio, più ampio di quello delineato dal solo art. 42 bis, perché, accanto alla necessità, richiamate da quest’ultima norma, rilevano:
a) la “sussistenza di un posto vacante e disponibile di corrispondente posizione retributiva”;
b) il “previo assenso delle amministrazioni di provenienza e destinazione”, che potrà essere negato soltanto ove si opponga un dissenso “motivato e limitato a casi o esigenze eccezionali” (Cons. Stato, sez. III, 3 agosto 2015, n. 3805), si richiede, altresì, in virtù del menzionato art. 1493, la ponderazione “del particolare stato rivestito” dal militare.
Se ne trae un’attenzione rafforzata, da parte del legislatore, alle esigenze
organizzative dell’amministrazione delle Forze armate (nonché delle Forze di polizia ad ordinamento civile e militare), coerente del resto con altri aspetti, già considerati dal CDS in analoghe decisioni (Sez. IV, 30 ottobre 2017, n. 4993).
Tale esigenza, peraltro, viene avvertita, in linea generale, per tutti i settori dell’amministrazione più strettamente correlati alla difesa della Patria, alla pubblica sicurezza e all’ordine pubblico, in quanto preordinati alla tutela di interessi primari connotati da forti elementi di specialità.
Si tratta, in sintesi, di un istituto a carattere prettamente temporaneo, che non incide in maniera definitiva sulla sede di assegnazione di chi ne beneficia, poiché il relativo beneficio cessa automaticamente con il superamento dell’età indicata dalla legge e il cui scopo evidente è quello di agevolare l’espletamento delle responsabilità genitoriali.
La sua finalità, quindi, si colloca nel solco della tutela costituzionale (art. 30 e 31 Cost.) e sovranazionale (art. 24, comma 3, della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea; art. 3 della Convenzione sui diritti dell’infanzia e dell’adolescenza, ratificata dall’Italia con legge del 27 maggio 1991, n. 176, depositata presso le Nazioni Unite il 5 settembre 1991) della genitorialità e del correlato interesse del minore a beneficiarne. La norma individua il suo ambito soggettivo di applicazione, attraverso il
richiamo effettuato dall’art. 1, comma 2, d.lgs. n. 165 del 2001, a “tutte le
amministrazioni dello Stato”, essendo altresì pacificamente assodata la sua operatività anche nei casi di mobilità interna ad una stessa amministrazione.
Il SINAFI continuerà a fronteggiare in tutte le sedi politiche e giudiziarie i futuri tentativi che dovessero mirare a ridimensionare l’applicazione e la fruibilità di questo fondamentale diritto costituzionale o a limitarne altri che attengano alla vita lavorativa e sociale dei finanzieri.