Con sentenza n. 170/2019 del 10 luglio 2019 la Corte Costituzionale ha dichiarato non fondate le questioni di legittimità costituzionale sollevate in merito alla legge delega n. 124 del 2015 di riorganizzazione delle amministrazioni pubbliche (c.d. legge Madia) ed al decreto legislativo 19 agosto 2016, n. 177 (Disposizioni in materia di razionalizzazione delle funzioni di polizia e assorbimento del Corpo forestale dello Stato) con i quali è stato operato l’assorbimento del Corpo Forestale dello Stato nell’Arma dei Carabinieri.
In particolare, la Corte Costituzionale, in merito al transito dall’ordinamento civile a quello militare del personale del Corpo Forestale, ha ritenuto che:
- “è indubbio che lo status giuridico di militare comporta l’adempimento di doveri e obblighi e limita alcune prerogative che la Costituzione garantisce ad altri cittadini (in particolare gli artt. 1465 e seguenti del Codice ordinamento militare)”;
- “tuttavia, l’assenza di un meccanismo coercitivo al passaggio dallo status civile a quello militare e l’esigenza di assicurare un maggiore livello di efficienza agli stessi servizi, già svolti dal Corpo forestale e ora assegnati all’Arma dei carabinieri, costituiscono elementi decisivi per ritenere la correttezza del bilanciamento tra interessi antagonisti che il legislatore delegato si è trovato a esprimere nell’ambito della concreta attuazione della riforma”;
- “il mutamento di status, (…), è espressione di una nuova concezione organizzativa in cui sono le competenze – e non lo status – a dare la misura della professionalità. In tale ottica, per effetto della capillare diffusione territoriale e dell’omogeneità delle funzioni rispetto a quelle dell’Arma dei carabinieri, al personale forestale, che transita nel nuovo Corpo, è consentito mantenere, compatibilmente con il nuovo assetto organizzativo, la stessa sede di servizio, (…). È altresì assicurata la permanenza nel comparto negoziale sicurezza e difesa al quale sono connesse prerogative giuridiche ed economiche (progressione in carriera, trattamento economico e pensionistico)”;
- “in sostanza, l’obiettivo del legislatore è quello di assicurare razionalizzazione e omogeneizzazione delle funzioni di polizia e sicurezza − affidate a personale già autorizzato, in virtù dell’art. 3, comma 8, della legge n. 36 del 2004 a portare armi − sul presupposto che siano esse a dare la misura della professionalità nell’attività di chi le esercita”;
- “peraltro, la specificità dell’ordinamento militare rispetto a quello civile è stata in parte mitigata dalla recente sentenza di questa Corte n. 120 del 2018, che ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 1475 cod. ordinamento militare, il quale non consentiva ai militari di costituire associazioni professionali a carattere sindacale, nonché dalla giurisprudenza amministrativa (Consiglio di Stato, sezione IV, 12 dicembre 2017, n. 5845), che ha riconosciuto il diritto di iscrizione ai partiti politici e di elettorato passivo ai militari, con l’unico limite dell’assunzione di cariche statutarie”;
- “in definitiva, la struttura complessiva del riordino effettuata dal decreto legislativo in esame realizza un bilanciamento non implausibile tra l’esigenza di rendere più efficiente la tutela ambientale, quella di salvaguardare le posizioni lavorative del personale proveniente dal disciolto Corpo forestale e quella di migliorare l’utilizzazione delle risorse economiche disponibili. Bilanciamento che – come detto – dovrà trovare coerente attuazione, garantendo l’ottimale prestazione dei servizi inerenti alla tutela ambientale e l’impiego, nel nuovo ambito operativo, del personale proveniente dal precedente assetto amministrativo”.
La Corte ha quindi concluso l’esame di diritto ritenendo che la riforma in esame sia caratterizzata “da una coerenza interna e da non implausibili soluzioni di bilanciamento dei valori in gioco, così da superare tutte le doglianze di illegittimità costituzionale formulate dai giudici rimettenti”.
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