di Alessandro Margiotta.
In Sicilia, sino al 3 agosto 2020, il personale militare di una certa anzianità di servizio ed in regime pensionistico misto poteva dormire sogni tranquilli circa il proprio diritto a vedersi calcolata la quota retributiva secondo quanto previsto dall’articolo 54 del D.P.R. n.1092/1973 (aliquota del 44% invece che del 35%), secondo un orientamento ormai consolidatosi delle Sezioni Centrali d’Appello della Corte dei Conti.
Ebbene, dal 3 agosto 2020 si è scoperto che nel nostro Paese, anche in sede d’Appello presso la Corte dei Conti, esistono “due Italie”, quella “continentale” e quella “insulare ad ordinamento speciale”, dove il personale militare, pur avendo pari requisiti, ha diritto a trattamenti pensionistici diversi.
Difatti, con sentenza n. 40/2020, la Sezione Giurisdizionale d’Appello per la Regione Siciliana ha accolto il ricorso presentato dall’I.N.P.S. avverso la sentenza di primo grado n.730/2019, emessa dalla Sezione Giurisdizionale della Corte dei Conti per la Regione Siciliana in data 16 ottobre 2019, con la quale era stato accolto il gravame proposto da un ex sottufficiale dell’Esercito, collocato in quiescenza con decorrenza dal 29 gennaio 2015, con un’anzianità di servizio utile pari complessivamente ad anni 36 e mesi 10, proprio relativo al mancato riconoscimento, da parte dell’Ente, della percentuale del 44% sulla quota retributiva.
Nelle sue memorie difensive l’I.N.P.S., come ormai consueto, aveva opposto le usuali motivazioni giuridiche, tutte ripetutamente confutate da svariate Sezioni Giurisdizionali di primo grado della Corte dei Conti, come anche dalle Sezioni Centrali d’Appello della stessa Corte.
A tali confutate motivazioni giuridiche l’I.N.P.S. aveva anche opposto, testualmente, ragioni di carattere economico-finanziario. “in considerazione del cospicuo numero di militari interessati, versanti in situazioni analoghe (…) e dei conseguenti ingenti oneri a carico delle finanze pubbliche”, quasi a sancire l’incondivisibile principio che il “Diritto” debba soggiacere alle ragioni della “Cassa”, richiedendo anche un deferimento della questione alle Sezioni Riunite della Corte dei Conti, circostanza per la quale altro Organo giurisdizionale aveva ritenuto non sussistenti i presupposti, non essendoci contrasti giurisprudenziali sull’interpretazione dell’articolo 54 citato nell’ambito della giurisprudenza di appello, fermamente orientata nel senso del riconoscimento del diritto alla percentuale del 44%.
Se può apparire comprensibile, ma non giustificabile, l’ostinata difesa da parte dell’I.N.P.S., non altrettanto comprensibile appare la citata decisione assunta dalla Sezione Giurisdizionale d’Appello per la Regione Siciliana, in controtendenza con il consolidato orientamento delle Sezioni Centrali d’Appello della stessa Corte dei Conti, come peraltro riconosciuto in calce alla sentenza n. 40/2020 laddove si afferma che “risulta essersi recentemente formato un orientamento giurisprudenziale maggioritario di segno diverso rispetto a quello seguito da questa Sezione d’Appello”.
Più precisamente, nella sua sentenza del 03 agosto 2020, l’Organo giurisdizionale d’Appello siciliano ha ritenuto che:
- il legislatore del 1973 avesse inteso riservare l’applicazione dell’aliquota fissa del 44% soltanto in favore di quei militari che fossero, contestualmente, effettivamente e definitivamente cessati dal servizio, avessero concretamente maturato il diritto all’attribuzione della pensione normale, essendo in possesso di quei requisiti d’anzianità minimi, specificamente stabiliti dall’art. 52 e fossero in possesso, all’epoca di definitiva cessazione dal servizio, esclusivamente di un’anzianità di almeno quindici e non più di venti anni;
- la disposizione di cui all’art. 54, comma 1°, presenta, da un lato, profili di specialità sotto il profilo soggettivo, che non ne consentono l’applicazione al di fuori della limitata cerchia di militari, individuata dal legislatore come meritevole di particolare tutela sotto il profilo previdenziale, da un altro lato, profili di eccezionalità dal punto di vista oggettivo, nella parte in cui fissa un’aliquota unica (il 44%) riferita ad un arco temporale pluriennale;
- il 1° comma del medesimo art. 54, laddove individua un’aliquota fissa (il 44%) in rapporto ad un ben determinato arco temporale pluriennale, reca una disciplina speciale ed eccezionale, applicabile, in funzione essenzialmente perequativa (onde garantire un congruo trattamento minimo di pensione), esclusivamente agli ambiti soggettivi sopra delineati, ritenuti dal legislatore meritevoli di particolare tutela dal punto di vista previdenziale;
- ai fini del calcolo della “quota retributiva” della “pensione mista” (cosiddetta “quota A”), la locuzione “anzianità acquisite anteriormente al 31.12.1995” si riferisce inequivocabilmente ad “anzianità concretamente maturate dal soggetto interessato”, ossia al reale possesso di un determinato numero di anni di servizio utili ai fini di quiescenza, e non ad anzianità meramente “convenzionali”;
- il militare ricorrente in primo grado non rientrava affatto nella limitata platea dei militari, per i quali il legislatore del 1973 aveva dettato, in funzione essenzialmente perequativa (onde assicurare loro un congruo trattamento minimo di pensione, all’epoca di definitiva cessazione dal servizio, avvenuta con il possesso di una modesta anzianità), non essendo in possesso di un’anzianità di almeno quindici e non più di venti anni bensì di ben 36 anni e 10 mesi di servizio utile.
La Sezione Giurisdizionale d’Appello per la Regione Siciliana ha quindi concluso accogliento l’appello proposto dall’I.N.P.S., annullando la sentenza n.730/2019, emessa dalla Sezione di primo grado in favore dell’ex militare ricorrente e compensando tra le parti le spese di lite, in ragione della “particolare complessità della “vexata quaestio”, relativamente alla quale risulta essersi recentemente formato un orientamento giurisprudenziale maggioritario di segno diverso rispetto a quello seguito da questa Sezione d’Appello”.
Ai posteri la prossima “ardua sentenza”!
Per scaricare il testo della sentenza n. 40/2020 della Sezione Giurisdizionale d’Appello per la Regione Siciliana