Il Consiglio di Stato – Sezione IV – con sentenza n. 08279/2017 in data 3 dicembre 2019 – ha rigettato l’appello presentato dal Ministero dell’Economia e delle Finanze nell’ambito di una vertenza afferente il diniego ad un trasferimento ai sensi della legge n. 104/1992 per l’assistenza a persona con handicap grave.
Nella decisione di primo grado il T.A.R. Valle d’Aosta, aveva accolto il ricorso, evidenziando che “L’esercizio del potere discrezionale dell’amministrazione deve tenere conto del fatto che il trasferimento è disposto a vantaggio del disabile e non invece nell’interesse esclusivo dell’amministrazione o del richiedente, avendo lo stesso natura strumentale ed essendo intimamente connesso con la persona dell’assistito”.
Il Giudice di primo grado aveva poi osservato che:
- “la documentazione depositata in causa attesta che i parenti prossimi della disabile (diretti ed affini entro il secondo grado) non sono in grado per impossibilità oggettiva o perché non disponibili a prestare assistenza alla congiunta”;
- “Con riferimento ai profili riguardanti le asserite esigenze di servizio (…) l’aliquota di posti vacanti della sede di destinazione è superiore rispetto a quella della sede di partenza (…)”;
- “In sostanza, presso la sede richiesta, vi è una collocazione compatibile con lo status del ricorrente (…)”;
- “successivamente al procedimento attivato dall’interessato, la stessa amministrazione ha disposto con decorrenza 1° agosto 2019 alcuni trasferimenti”.
Nel respingere l’appello proposto dall’Amministrazione il Consiglio di Stato ha sostenuto che:
- “il trasferimento ex art. 33, comma 5, della l. n. 104 del 1992 coinvolge, per giurisprudenza pacifica, interessi legittimi e di conseguenza implica un complessivo bilanciamento fra l’interesse del privato e gli interessi pubblici; e ciò tenendo conto del fatto che il trasferimento è disposto a vantaggio del disabile e non, invece, nell’interesse esclusivo dell’amministrazione ovvero del richiedente, avendo lo stesso natura strumentale ed essendo intimamente connesso con la persona dell’assistito (…)”;
- “Al fine di negare il trasferimento, le esigenze di servizio non possono essere né genericamente richiamate né fondarsi su generiche valutazioni in ordine alle scoperture di organico ovvero alle necessità di servizio da fronteggiare, ma devono risultare da una indicazione concreta di elementi ostativi, riferiti alla sede di servizio in atto, anche rispetto alla sede di servizio richiesta, e dalla considerazione del grado o della posizione di ruolo e specialità propri del richiedente (…)”;
- “l’eventuale presenza di una maggiore scopertura di organico nella sede attuale di servizio dell’appellato rispetto alla sede richiesta non è sufficiente a motivare il diniego, se tale dato non è accompagnato da una attenta considerazione delle conseguenze negative per l’interesse pubblico, derivanti, in tale contesto, dal trasferimento”;
- “allo stato attuale della disciplina, non costituisce elemento ostativo al trasferimento la presenza di altri familiari in loco, astrattamente idonei all’assistenza, così come non costituisce ex se elemento valutabile in senso impeditivo la presenza di altre domande di trasferimento ordinario da parte di dipendenti con maggiore anzianità di servizio (…)”.
Il massimo organo giurisdizionale ha quindi respinto l’appello e confermato la sentenza del TAR Valle d’Aosta, ha rigettato il ricorso presentato in primo grado, compensando le spese di lite tra le parti.