In data 06 luglio 2021 è stata presentata una interpellanza (n.2/00086), che vede come firmatario il Senatore Claudio Barbaro, di Fratelli d’Italia, con la quale si chiede di fare complessivamente chiarezza, al fine di evitare il frequente contenzioso fra le amministrazioni ministeriali e gli appartenenti alle forze armate, militari e di polizia, che aderendo ad un partito o organizzazione politica, intendano assumere un incarico al loro interno.
TESTO DELL’INTERPELLANZA
Atto Senato
Interpellanza 2-00086
presentata da
CLAUDIO BARBARO
martedì 6 luglio 2021, seduta n.342
BARBARO – Ai Ministri della difesa, dell’interno e dell’economia e delle finanze. – Premesso che:
è copioso il ricorso al contenzioso amministrativo degli appartenenti alle forze armate, militari e di polizia, che si vedono censurati o sanzionati dalla propria amministrazione laddove intendano partecipare alla vita pubblica attraverso l’accettazione di ruoli dirigenziali in partiti, associazioni e organizzazioni politiche;
all’uopo giova ricordare che, all’art. 1483 del decreto legislativo 15 marzo 2010, n. 66 (codice dell’ordinamento militare), espressamente è fatto divieto al militare che si trova nelle condizioni previste dal comma 2 dell’art. 1350 di partecipare a riunioni e manifestazioni di partiti, associazioni e organizzazioni politiche, nonché di svolgere propaganda a favore o contro partiti, associazioni, organizzazioni politiche o candidati a elezioni politiche e amministrative. Tali condizioni riguardano gli appartenenti ai corpi militari e di polizia che svolgano attività di servizio, siano in luoghi militari o comunque destinati al servizio, indossino l’uniforme, si qualifichino, in relazione ai compiti di servizio, come militari o si rivolgano ad altri militari in divisa o che si qualificano come tali.
a prima vista, quindi, al di fuori delle attività relative o connesse al loro servizio, i militari e gli appartenenti alle forze dell’ordine, al pari di tutti i cittadini, possono regolarmente partecipare alla vita politica, e quindi candidarsi alle elezioni, ricoprire incarichi elettivi, iscriversi a partiti, associazioni e organizzazioni politiche e svolgere al loro interno ruoli funzionali e dirigenziali;
non esistono, per di più, limitazioni espresse all’articolo 49 della Costituzione, il quale stabilisce che “Tutti i cittadini hanno diritto di associarsi liberamente in partiti per concorrere con metodo democratico a determinare la politica nazionale”; per il personale militare, come per altri dipendenti pubblici, è prevista solo la riserva di legge del terzo comma dell’art. 98 della Costituzione, che spesso le amministrazioni ritengono soddisfatta esclusivamente con la restrizione, prevista ex lege, secondo cui le forze armate debbono in ogni circostanza mantenersi al di fuori delle competizioni politiche. Tale generico principio, come si diceva, ha alimentato ed alimenta spesso contenziosi amministrativi, i cui esiti sono talvolta contraddittori;
per le persone in divisa è pur comprensibile che l’esigenza di una corretta e imparziale amministrazione delle loro prerogative, da svolgersi in equidistanza dalle contese politiche, suggerisca l’inopportunità di un impegno militante nella vita politica, tuttavia le istituzioni, compreso il Parlamento ed il Governo, come anche i Consigli regionali e comunali, spesso hanno nel proprio consesso membri provenienti dalle forze armate e dall’Esercito: non si ravvede, quindi, come sia possibile esercitare legittimamente ruoli di tale rilevanza pubblica e poi non poter ricoprire, neppure a livello locale, ruoli di dirigenza nei partiti, nelle associazioni e nelle organizzazioni politiche, quantomeno in quelle che siano partecipi della democrazia e i cui dottrina e statuto non siano incompatibili con i doveri del giuramento prestato e con i principi costituzionali e generali dell’ordinamento;
il legislatore non ha mai disciplinato la materia oggetto di riserva di legge ex art. 98 della Costituzione e, di fatto, l’orientamento maggiormente praticato è quello della sentenza n. 5485/2017 del Consiglio di Stato, che ha escluso che sia possibile per il militare prendere parte, a livello dirigenziale, alla vita interna di partiti, associazioni e organizzazioni politiche, pur essendogli possibile candidarsi e di ricoprire incarichi elettivi;
secondo questo orientamento, quindi, il militare può aderire ma non assumere, nell’ambito di una formazione partitica, alcuna carica statutaria, neppure di carattere onorario, nemmeno locale, a tutela indiretta del principio di neutralità, per quanto non manchino, nella letteratura dei singoli casi, anche inedite altre letture, sia degli addebiti sollevati dalle amministrazioni, sia pure delle pronunce dei tribunali amministrativi;
a giudizio dell’interpellante, non sarebbe affatto compromesso il principio di neutralità, nell’esercizio del servizio, del militare che assumesse una carica interna ad un partito o associazione politica, considerato che egli si può comunque iscrivere a tali organizzazioni e, attraverso di loro, essere eletto nelle assemblee elettive,
si chiede di sapere se si intenda prendere un provvedimento che possa fare complessivamente chiarezza, al fine di evitare il frequente contenzioso fra le amministrazioni ministeriali e gli appartenenti alle forze armate, militari e di polizia, che aderendo ad un partito o organizzazione politica, intendano assumere un incarico al loro interno, vieppiù se lo stesso è di mero livello comunale, territoriale o locale.
(2-00086)