Arriva il primo pronunciamento sulle legittime iniziative delle Organizzazioni Sindacali delle Forze di Polizia sul tema del mancato avvio della previdenza complementare.
E’ stata dichiarata la loro legittimazione a ricorrere, pur non essendoci ancora stato alcun pronunciamento specifico in merito alla richiesta di risarcimento del danno conseguente all’inerzia, non essendo stata quest’ultima riconosciuta in ragione del mero avvio dei lavori per la definizione dei relativi accordi in sede di contrattazione e concertazione.
Evidenziamo, infatti, che la sentenza emessa dal T.A.R. Lazio rappresenta solo la prima decisione emessa in materia dopo la pronuncia sulla competenza da parte delle Sezioni Unite della Corte di Cassazione e che la dichiarazione di inammissibilità riguarda esclusivamente la dedotta inerzia delle Amministrazioni resistenti.
Il T.A.R. Lazio – Sezione Prima Stralcio -, con sentenza n. 01292/2021 del 1° febbraio 2021 ha infatti dichiarato inammissibile, sotto alcuni profili, il ricorso proposto da due organizzazioni sindacali della Polizia di Stato e da alcuni suoi appartenenti avverso il mancato adempimento e/o ritardo del Ministero della Pubblica Amministrazione e l’Innovazione e della Presidenza del Consiglio dei Ministri nell’attivazione della procedura di negoziazione per la definizione della disciplina del TFR ai sensi della l. n. 335/95, con richiesta di risarcimento del danno.
Con la sentenza di rigetto il T.A.R. Lazio ha evidenziato, in particolare, che:
- l’assenza di legittimazione attiva in capo ai singoli ricorrenti persone fisiche, in ragione del fatto che i dipendenti pubblici destinatari dell’attività contrattuale collettiva (…) sono titolari di un interesse “finale” e del tutto indiretto e riflesso, e non già di un interesse concreto, attuale e direttamente tutelabile in ordine all’avvio ed alla conclusione dei procedimenti negoziali (…) che appartiene esclusivamente alle organizzazioni sindacali maggiormente rappresentative (quanto alle forze di polizia ad ordinamento civile) e ai comitati centrali di rappresentanza, sempre quali organismi esponenziali di interessi collettivi (quanto alle forze di polizia ad ordinamento militare e al personale delle forze armate);
- deve riconoscersi la legittimazione a ricorrere da parte delle Organizzazioni Sindacali maggiormente rappresentative (quanto alle forze di polizia a ordinamento civile) ed i Comitati centrali di rappresentanza, quali organismi esponenziali di interessi collettivi portatori quantomeno di un interesse legittimo procedimentale;
- l’amministrazione resistente ha dedotto e documentato di aver posto in essere le procedure e gli adempimenti di propria competenza, finalizzati a dare corso alle disposizioni di legge, convocando in diverse occasioni le rappresentanze sindacali e militari del personale del comparto, senza, peraltro, giungere ad un accordo condiviso tra le parti interessate;
- il presunto silenzio-inadempimento delle intimate Amministrazioni non si è verificato, viste le iniziative adottate e lo stato dei lavori finalizzati all’adozione dei previsti provvedimenti di concertazione.
L’Organo giurisdizionale ha quindi dichiarato inammissibile il ricorso in relazione alla dedotta inerzia da parte delle Amministrazioni resistenti, senza alcun pronunciamento specifico sulla sussistenza o meno del danno.
Ricordiamo che, in materia, la Sezione Giurisdizionale della Corte dei Conti per la Puglia, con sentenza n. 207/2020 aveva riconosciuto fondata la domanda di un ricorrente relativa alla mancata istituzione della previdenza complementare, evidenziando la necessità di dare pratica attuazione alla riforma della previdenza complementare, ed aveva anche già riconosciuto la legittimazione attiva delle Organizzazioni Sindacali.
La stessa Corte dei Conti, aveva sostenuto che lo strumento per compensare le negative ripercussioni economiche derivanti dall’inerzia nell’attuazione della previdenza complementare era rappresentato dal risarcimento del danno, in quanto la legittima aspettativa della estensione del regime di previdenza complementare per il comparto pubblico assurgeva a situazione giuridica soggettiva meritevole di tutela anche innanzi al Giudice monocratico delle pensioni della Corte dei conti
In aggiunta, la Corte dei Conti aveva evidenziato che, ai fini di quantificare il danno patrimoniale, la metodologia più corretta era quella di mettere a confronto il montante in regime di TFR, ossia in caso di avvio tempestivo del fondo pensione e contestuale esercizio dell’opzione, con quello in regime di TFS, ossia in caso di mancato avvio del fondo.
Sulla materia sono poi intervenute le Sezioni Unite della Corte di Cassazione che, con sentenza n. 22807/2020, ha stabilito la competenza dei Tribunali Amministrativi Regionali a decidere il risarcimento danni per la mancata attivazione della previdenza complementare.
Evidenziamo che la sentenza emessa dal T.A.R. Lazio rappresenta solo la prima decisione emessa in materia dopo la pronuncia sulla competenza da parte delle Sezioni Unite della Corte di Cassazione e che la dichiarazione di inammissibilità riguarda la dedotta inerzia delle Amministrazioni resistenti, senza alcuna pronuncia specifica sulla sussistenza o meno del danno e sulla sua eventuale quantificazione.
Seguiremo ovviamente con la massima attenzione l’esito dei ricorsi già presentati o in via di presentazione presso gli altri tribunali amministrativi regionali, così come le eventuali impugnative di parte, sino alla loro definitività.
Per le procedure relative alla proposizione dei ricorsi clicca qui.