Dopo che con una nota specifica la Questura di Treviso aveva invitato gli uffici a garantire prioritariamente la fruizione dei pasti presso la mensa di servizio, riservando i “ticket” solo a chi non potesse raggiungerla, con successiva nota il dirigente della Polizia di frontiera aerea di Treviso sospendeva l’erogazione del buono-pasto, «essendo (la Questura di Treviso) “in grado di assicurare il funzionamento della mensa obbligatoria di servizio a favore di tutti gli Uffici della Polizia di Stato aventi sede nel comune di Treviso”».
A seguito della presentazione da parte dei dipendenti di una diffida a mantenere l’attribuzione del “ticket”, con nota del 4 dicembre 2019 il dirigente della Polizia di frontiera aerea disponeva che «con decorrenza retroattiva, 26 luglio 2019, sarebbero stati contabilizzati i ticket restaurant per quelle ulteriori fasce orarie per le quali, a seguito di ricognizione, ricorrevano quelle oggettive impossibilità logistiche e di servizio (8.00/14.00; 13.00/19.00 e 19.00/24:00). Quanto sopra fino alla stipulazione di una convenzione con un apposito esercizio di ristorazione»
I ricorrenti hanno impugnato detto provvedimento dinanzi al TAR del Veneto, il quale ha accolto il ricorso, ritenendo che «in considerazione della distanza e dei tempi di percorrenza, la mensa situata presso la Questura di Treviso non può ritenersi soluzione idonea a garantire l’effettivo accesso al pasto al personale adibito alla sede disagiata presso l’Aeroporto Canova», personale al quale devono dunque essere riconosciuti i buoni-pasto sino all’effettiva attivazione, da parte dell’Amministrazione, di una soluzione alternativa, mediante apertura di una mensa presso il luogo di lavoro, oppure attraverso la stipula di una convenzione con un servizio di ristorazione».
Il Ministero dell’interno ha impugnato, dinanzi al CDS, la sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per il Veneto, Sezione Prima, n. 199/2021, con cui aveva accolto il ricorso proposto da un gruppo di dipendenti in forza al Servizio Polizia di frontiera presso l’Aeroporto “Antonio Canova” di Treviso, volto a censurare la decisione dell’Amministrazione di erogare i buoni pasto esclusivamente ai lavoratori il cui turno sia considerato incompatibile con il raggiungimento della mensa di servizio presso gli uffici della Questura.
Per quanto rileva nel caso di specie, infatti, è da considerarsi ragionevolmente sproporzionato pretendere che i dipendenti in servizio presso l’aeroporto, posto al di fuori dall’abitato cittadino, debbano entrare in città per usufruire della mensa costituita presso la Questura – dove non avrebbero altro motivo di recarsi – per poi andare o tornare in servizio oppure rientrare a casa, dato che l’Amministrazione non assicura loro la fruizione del pasto nelle vicinanze del luogo di lavoro.
Va pertanto confermata la sentenza di primo grado che ha ritenuto che «in considerazione della distanza e dei tempi di percorrenza, la mensa situata presso la Questura di Treviso non può ritenersi soluzione idonea» (tesi peraltro già condivisa dal Consiglio di Stato in sede cautelare) e che devono, pertanto, essere riconosciuti i buoni-pasto ai dipendenti, dalla cessazione della erogazione fino all’effettiva attivazione di una soluzione che consenta loro di consumare il pasto presso l’aeroporto o altra struttura nelle vicinanze e agevolmente raggiungibile.
Il CDS, sezione II con sentenza 5007 del 19 maggio u.s., ha confermato la sentenza di primo grado del TAR Veneto ritenendo che l’“impossibilità” di accedere alla mensa, rilevante ai fini della sussistenza del diritto al buono-pasto (in mancanza dell’attivazione di convenzioni con altre mense o con ristoranti), fa sussistere il diritto al ticket restaurant anche quando raggiungerla richiederebbe ai lavoratori un sacrificio sproporzionato.
Segreteria Generale Nazionale SINAFI