Ci piace sempre ricordare che i primi passi di questo processo riformatore hanno sicure origini nelle azioni messe in campo dai finanzieri del Veneto che con le loro idee e visioni d’avanguardia hanno trainato, soprattutto negli anni 90, l’allora utopico, e per alcuni folle, progetto di democrazia in divisa.
Un processo riformatore che, come tutti i processi della specie, non può concretizzarsi senza un investimento enorme, anche in termini d’impegno, e che non può transigere dallo sviluppo delle nostre risorse umane.
Un’evoluzione democratica che deve essere obbligatoriamente accompagnata dalla consapevolezza di ciò che rappresentiamo e della grandezza delle implicazioni sociali interne ed esterne, alla nostra amministrazione, delle nostre azioni.
Un processo evolutivo che vedrà nel Sindacato Nazionale Finanzieri quello strumento, quel contenitore, che ci permetterà di essere contemporaneamente protagonisti nei nostri luoghi di lavoro e nella società.
Non permetteremo, quindi, a nessuno di tentare di relegare, anche solo a parole, il Sindacato al ruolo di mero gestore dei conflitti interni ma valorizzeremo un nostro modello di rappresentanza; un modello che umanizzerà i nostri ambienti di lavoro e che alimenterà la comunione, la condivisione, la partecipazione, anche alla vita lavorativa e sociale, valorizzando nel contempo le nostre professionalità.
Una partecipazione che, in sindacati di mestiere come il nostro, si manifesta in qualcosa di più profondo, impegnativo. Più democrazia diretta che democrazia rappresentativa che ci permetterà di contribuire insieme alla creazione della nostra “cultura sindacale”; la cultura sindacale del Si.Na.fi. colma di altruismo e prossimità.
Lo faremo restando lontani da sentimenti di corporativismo perchè ben consapevoli di avere una grande, doppia, responsabilità. Dobbiamo tutelare i diritti di chi a volte sembra avere più diritti degli altri, a partire dal salario sicuro, facendo comprendere, contemporaneamente alla politica, che noi siamo dei lavoratori un pò diversi, “specifici” dice la norma…l’art. 19 della legge 183 del 2010.
E dobbiamo farlo in un paese dove i lavoratori hanno sempre meno voce, il lavoro diventa sempre più povero, i contratti di lavoro assumono le denominazioni più fantasiose e dove viene messa a repentaglio anche solo l’idea di futuro per i nostri figli.
Dovremo, quindi, promuovere dei nuovi diritti, mantenere e ravvivare i diritti di cui già disponiamo e difendere il nostro lavoro, tutelando anche quello degli altri. Quel lavoro, purtroppo ormai, ultimo baluardo del concetto di redistribuzione della ricchezza. Costruire un Sindacato strumento di coesione sociale.
Investire, quindi, su un nuovo modello di partecipazione ampiamente diffusa, costruita dal basso, utilizzando quegli strumenti che per natura sono in possesso di noi finanzieri, attraverso una forte valorizzazione della contrattazione nazionale ma soprattutto di II livello.
Farlo cercando di avvicinare, il più possibile, le nostre misure di efficientamento dei servizi istituzionali al sistema premiale del pubblico impiego e al premio di produzione, correlato al risultato, del settore privato. Un vero sistema acceleratore motivazionale, di riconoscenza e riconoscimento.
Valorizzare attraverso il sindacato la nostra professione ed il nostro ruolo nella società civile, contribuire alle scelte, investire sulla tutela dei diritti dei lavoratori, sulla tutela della legalità economica, sulla sicurezza di chi deve tutelare la sicurezza degli altri rappresenterà, quindi, prima che un dovere, un diritto di libertà.
Il SINAFI, quindi, promotore di equità e giustizia, valori, modi di vivere, che vadano oltre ogni crisi economica e sociale divisiva.…uno strumento di libertà e futuro.
Alfredo Ciauri