Le prerogative sindacali in materia di tutela della salute del personale militare, trattando una materia che gode della tutela di cui all’art. 32 Cost., consentono la ricerca di situazioni dannose per la salute del militare anche nei settori sottratti alla competenza dei sindacati militari dal terzo comma dell’art. 5 delle Legge n. 46/2022?
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L’art. 5, secondo comma, lettera f) della Legge n. 46/2022 conferisce alle Associazioni Professionali a Carattere Militare le prerogative sindacali già previste dall’articolo 3 del D.Lgs. 09/04/2008 n. 81 in materia di tutela della salute del personale (prerogative che sono state confermate dal recente D.Lgs. 24/11/2023 n. 192).
Poiché la materia (la salute del personale militare) è tutelata anche da una norma di rilievo costituzionale (art. 32 Cost.) merita una riflessione la possibilità che, qualora la limitazione prevista dal terzo comma dell’art. 5 della L. 46/2022 costituisca un ostacolo all’intervento del sindacato in uno dei settori ivi richiamati nei quali si sta verificando una situazione dannosa per la salute del militare, si possa promuovere il giudizio di incostituzionalità.
Il concetto di “salute” nell’Enciclopedia giuridica Treccani è definito come lo “stato di benessere fisico e psichico, espressione di normalità strutturale e funzionale dell’organismo considerato nel suo insieme”.
Lo stato di salute non si valuta quindi solo sull’assenza di malattie o di lesioni, ma sull’efficienza fisica e psichica del soggetto nel suo insieme.
Lo stesso Testo unico in materia di tutela della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro (D.Lgs. 09/04/2008 n. 81) all’art. 2, primo comma, lettera o) definisce la “salute” come lo “stato di completo benessere fisico, mentale e sociale, non consistente solo in una assenza di malattia o d’infermità”.
Ciò nonostante, negli ambienti di lavoro del personale militare permane una certa ritrosia a confrontarsi su problematiche di salute diverse da quella fisica, nonché sulle connessioni che tali problematiche possono avere con l’ambiente lavorativo.
Comprensibilmente, è diffuso il timore che l’esternazione di tali problematiche possano creare situazioni di pregiudizio alla propria carriera o alla stessa permanenza nel Corpo, per cui, non parlandone nessuno, la problematica appare non esistere e, quando qualcuno la intravede, spesso non si interviene sulle cause, ma si adottano soluzioni che vanno a discapito del militare stesso.
Rimanendo ulteriormente penalizzato, il soggetto che andava invece aiutato spesso mette in atto un volontario isolamento e distacco dalla comunità dei colleghi, adottando, quando non trova più nessuna soluzione, scelte irreversibili.
Mi sento di affermare che l’attività del Si.Na.Fi. si rivolge anche a queste persone, che non devono più sentirsi isolate e che devono acquisire la consapevolezza di avere un Sindacato al loro fianco che si batte per la tutela dei suoi diritti, con loro e per loro, perché il diritto alla salute, nel senso più ampio del termine, è l’unico diritto per il quale la Costituzione Italiana, all’articolo 32, usa l’aggettivo “fondamentale” e, di conseguenza, irrinunciabile, anche dallo stesso militare.
Lo stesso D.Lgs. 81/2008, nel prevedere all’art. 20 gli “Obblighi dei lavoratori”, precisa che “Ogni lavoratore deve prendersi cura della propria salute”.
Di fronte a una previsione normativa del genere, sono più che legittime le osservazioni sui necessari periodi di riposo e di assenza per ferie, per il recupero di quella efficienza psicofisica necessaria ad un lavoro prevalentemente intellettuale, che non può certo essere oggetto di pressioni e automatismi che poi diventano la normalità, in un vorticoso rincorrersi di aspettative di risultato, tempi di esecuzione sempre più brevi e carichi di lavoro che non sempre consentono approfondimenti in egual misura.
L’art. 5 della Legge 28 aprile 2022, n. 46, nel prevedere le competenze delle associazioni professionali a carattere sindacale tra militari, al secondo comma, lettera f), prevede tra l’altro che sono di competenza le materie afferenti “...alle prerogative sindacali di cui all’articolo 3 del decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81, sulle misure di tutela della salute e della sicurezza del personale militare nei luoghi di lavoro ….”.
L’art. 3 del D.Lgs. 81/2008 a cui si fa riferimento al primo comma precisa che tale norma si applica a tutti i settori di attività, compresi quelli pubblici, mentre il successivo comma precisa che per le Forze armate e di Polizia “… le disposizioni del presente decreto legislativo sono applicate tenendo conto delle effettive particolari esigenze connesse al servizio espletato o alle peculiarità organizzative, ivi comprese quelle per la tutela della salute ….”.
Chiaramente tale norma, nel “tenere conto” delle esigenze e delle peculiarità organizzative delle Forze armate o di polizia, non prevede minori tutele per il personale militare, ma solo diverse procedure per tutelarne il diritto alla salute.
La circolare n. 0021148/2015, emanata in data 26/01/2015 dal Comando Generale della Guardia di Finanza – IV Reparto – Direzione di Sanità, avente per oggetto il “testo organizzativo dell’attività di prevenzione e protezione in materia di tutela della salute e di sicurezza sui luoghi di lavoro – che prevede, al paragrafo n. 2.1, la Valutazione dei rischi in materia di stress da lavoro correlato – affida alla figura professionale del “Preposto” il compito di individuare e segnalare quelle situazioni che suggeriscono una nuova “valutazione dei rischi collegati allo stress da lavoro correlato”.
Lo stress da lavoro correlato, che come abbiamo visto, ha trovato spazio anche nelle circolari della Direzione di Sanità del Comando Generale, è – in estrema sintesi – quella situazione di conflitto che nell’ambiente militare, dove vige l’imperativo di “eseguire gli ordini”, subentra in coloro che pur volendo soddisfare, per predisposizione di carattere e disponibilità al lavoro, le aspettative e le richieste dei propri superiori gerarchici, non riescono a realizzare quanto viene loro richiesto, per quantità e qualità, iniziando a somatizzare anticipatamente la situazione di contrapposizione che vedono come inevitabile con il proprio superiore gerarchico.
Talvolta alcune situazioni vengono apparentemente sanate con soluzioni intermedie o con scelte che, lungi dal sollevare da preoccupazioni e responsabilità gli effettivi esecutori del servizio, non fanno che aumentare la condizione di pressione psicologica su quella categoria sulla quale scarica quell’inarrestabile e vorticoso imbuto di attività sempre più variegate, richieste in tempi brevi e con aspettative di risultato spesso stabilite prima ancora che si sappia cosa emergerà dall’attività.
La problematica è ovviamente avvertita in modo diverso dal personale, in relazione alla sensibilità e alla professionalità del singolo militare, alla collocazione geografica ed al tipo di Reparto e, infine, alla quantità di attività richieste, che molto spesso non tiene conto della effettiva forza organica disponibile per talune attività.
La tendenza prevalente è chiaramente indirizzata ad assegnare più lavoro a chi lavora meglio e si lamenta meno, cosicché la residua parte di personale non ha interesse a confrontarsi su questo tipo di argomentazioni, rimettendosi ed omologandosi agli stereotipi tipici dell’ambiente militare, promossi ed alimentati giornalmente da chi trae maggiore beneficio da tali situazioni.
Il terzo comma dell’art. 5 della L. 46/2022, testualmente recita: “... È comunque esclusa dalla competenza delle associazioni professionali a carattere sindacale tra militari la trattazione di materie afferenti all’ordinamento militare, all’addestramento, alle operazioni, al settore logistico-operativo, al rapporto gerarchico-funzionale nonché’ all’impiego del personale in servizio. ….””
Tenendo conto che – fortunatamente, sono lontani i tempi in cui era necessario difendere gli interessi dell’erario con le armi e con truppe in assetto militare, risulterà evidente che l’attuale assetto di Polizia Economico – Finanziaria che ha assunto il Corpo della Guardia di Finanza la avvicina più al modello della Polizia di Stato che ad una Forza Armata come l’Esercito, per la quale (forse) potrebbero essere necessarie tali limitazioni.
Ciò nonostante, nella gestione dei settori che la L. 46/2022 ha voluto sottrarre alla competenza dei sindacati militari potrebbero essere adottati provvedimenti ovvero ordini che, seppur formalmente legittimi, possano recare pregiudizio alla condizione psicofisica del militare.
In tali casi, come si è visto, il singolo militare, ai sensi dell’art. 20 del D.Lgs n. 81/2008, è legittimato ad intraprendere ogni azione consentita dalla legge per la tutela della sua salute ed il sindacato militare, in virtù delle prerogative sindacali in materia di salute dei lavoratori, è legittimato, a parere di chi scrive, anche di sua iniziativa ad intraprendere le azioni necessarie a rimuovere la situazione dannosa per la salute del singolo militare, arrivando ad avviare, se necessario, le azioni necessarie per un giudizio di incostituzionalità nel caso in cui venga opposta l’esclusione di cui al 3° comma dell’art. 5 della L. 46/2022.
Orazio Fusaro – Socio SINAFI Toscana.